lunedì 8 agosto 2011

Trail dei fieschi 2011



Questa mattina leggevo il commento di Gilberto Costa sul Trail dei Fieschi di sabato scorso, mi e’ piaciuto il pezzo finale che diceva “La panchina di legno che nelle giornate terse regala l’orizzonte lontano, il mare e scorci di riviera restava avvolta nella nebbia, galleggiando nel cielo”.
Galleggiare in cielo come sotto le stelle con la frontale accesa, come perdersi a guardare l’orizzonte o come restare basiti davanti ad un magnifico scenario, che belle sensazioni che ci regala questo mondo del trail e questa natura.
Sabato e’ stata una bella manifestazione, forse sono mancate le docce finali, ma l’umidita’ quella no quella c’era proprio tutta. Trail dei fieschi come in amazzonia.

La famiglia Fieschi si e’ arricchita con la mercatura, la finanza e l'acquisto di terre, questa famiglia si divise in numerosi rami. Il ramo più importante fu quello detto "di Torriglia"; questo e quello "di Savignone" discendevano da due fratelli di Innocenzo IV e perciò si erano formati sin dal XIII secolo. Il castello ormai e’ in rovina e poco sovrasta la cittadina, ormai.

Ormai come tutte le cose belle quelle ricche di storia, quelle che portano un significato sulle spalle, sono destinate a non essere ricordate a dovere e se particolarmente sfortunate a essere completamente dimenticate. Non nelle nostre memorie quelle appunto del 06/08/11 2° edizione del trail.
Si viaggia, si viaggia veloce nei single track e si rallenta davanti ai numerosi strappi. Simpatica attraversata delle colline circostanti che poi ci porta alla ormai decaduta colonia del monte maggio per finire velocemente in discesa.
Io e Stefano andiamo avanti insieme e chiudiamo in 2 ore e 40 minuti molto sereni.
Che questa gara cerchi di riportare un po’ di storia alla memoria dei piu’ e che non venga dimenticato che galleggiare in cielo ci porta ancora piu’ vicino a toccare i nostri sogni.

lunedì 1 agosto 2011

Correre per stare anche soli

E’ un po’ che non scrivo di corsa. Non mi sono mai fermato. Covacich scriveva “correre per stare lontani, per stare fuori, per stare soli” direi la definizione piu’ azzeccata di questo momento.
Ha un gusto strano assaporare la corsa senza dividere questo momento con nessuno, ognuno di noi lo fa. Sia che usciamo per una sgambata che per un grande evento li fuori ci sono solo io.
E’ un modo come un altro per staccare la spina e riprendersi i sensi. A volte quelli un po’ sperduti.
Sabato sono uscito con un vecchio compagno di palestra dei tempi che furono convertito anche lui all’endurance. Abbiamo avuto occasione di stare fuori ma non di stare soli. Abbiamo rivissuto una parte del nostro passato raccontandoci di come eravamo, di come cambiano le prospettive sulla base di nuovi spazi mentali.
I kilometri sono andati, non faceva neanche poi tanto caldo era anche mattino presto ed in meno di un paio di orette abbiamo chiuso una ventina di kilometri.
Le gambe iniziano ad esserci anche sui percorsi un pochino piu’ lunghi.



Stanotte e’ stata una notte tormentata. Ho sognato di mio padre che per la, forse, prima volta mi doveva parlare e per di piu’ del suo male. Che da li a poco non ci sarebbe piu’ stato e che ci avrebbe lasciato qualche risparmio. Complice dei mie pensieri, delle mie turbe e soprattutto del mio passato in sogno gli raccontavo che sapevo tutto e che non avevo bisogno di soldi, ma che mi sarebbe bastato una semplice giornata da padre e figlio che non ho mai avuto in quaranta anni. Mi sono svegliato di soprassalto e col cuore in gola. Non so se ci ho versato qualche lacrima. Alle 5.50 mi sono alzato per tornare a correre per stare solo ed anche un po’ lontano. E’ stato liberatorio.