Xrun di qualche mese fa ecco il mio articolo Destination unknown
Anni orsono. E’ l’alba. In macchina si dorme
stretti, non ci sono storie. Ieri sera ci siamo addormentati ascoltando ben
harper e con quella puzza di cane bagnato che hanno le nostre mute dopo 4
giorni di oceano basco. Fra me e Davide come a dividere gli spazi in uno spazio
gia’ limitato le nostre tavole. Rido al pensiero che anche se non di statura
eccelsa non riesco a distendere le gambe in una macchina troppo piccola anche
per me.
E’ chiaro fuori. Apro la portiera ed esco. Mi muovo al
rallentatore come se mi avessero bastonato le gambe. Tiro fuori la muta e la
lascio prendere aria. Vado a veder il mare.
E’ una giornata di sole, scendo dal sentierino che mi porta in
spiaggia e la marea e’ alta, le barre si susseguono come ad inseguirsi. E’ una
giornata meravigliosa.
Corro a dare la sveglia a Davide. Mi guarda e non fiata. Dai
che faccio il caffe’ …
Bucare le onde, scendere nelle loro viscere sentendo il loro
movimento sopra la nostra testa e’ una sensazione unica. E’ come se questa
fetta di natura ci avesse lasciato la possibilita’ di fare parte di questa
storia. Abbiamo quel pass per godere di un concerto in prima fila. Nuotiamo
fino alla line up che e’ quasi vuota,e’ molto presto, il momento e’ quasi tutto
nostro.
Vedo Davide seguire con lo sguardo l’orizzonte e lo vedo che
inizia a remare verso il picco. Ha il tempo di incrociare i miei occhi e dirmi vado
Lo vedo sul picco, si gira 4 bracciate ben date e parte su una
destra stupenda. Abbiamo occasione di guardarci negli occhi pieni di vita. Alzo
le mani al cielo e lo vedo passare davanti a me. Lo sento urlare.
Un urlo liberatorio, un gesto altamente sovversivo.
Gennaio 2010 sms di Davide: hei ragazzo ho
trovato come organizzare il 29 agosto. CCC presi …
Arrivare a Chamonix e’ come varcare la soglia per entrare in un
mondo nuovo, un mondo che abbiamo cercato e vissuto per piu’ di un anno
intensamente portandolo in grembo per poi viverlo nell’intensita’ di non piu’
di 28 ore.
E’ inutile negarlo, gli abbracci degli amici e i nostri occhi
alla ricerca di qualche volto conosciuto sdrammatizzano la tensione di questo
nuovo viaggio.
Sono le 6.30 del mattino e Davide mi sveglia, abbiamo dormito in
tenda sull’asfalto del parcheggio, non proprio propedeutico per la gara da
affrontare. Io esco dal sacco piuma e lui e’gia’ fuori che riscalda il the sul
fornelletto.
E allora dai, mettiamoci in piedi e vediamo di iniziare
bene la giornata. Sistemiamo la roba, e mentre prepariamo la colazione
scrutiamo il cielo, nella notte è arrivato un sms che dice di fare attenzione
“previste condizioni di maltempo”. Per ora non piove, si vede ancora il cielo
stellato, ma le previsioni sgarrano difficilmente. Ci vestiamo, controlliamo
tutto e andiamo a prenderci il bus che ci porterà a Courmayeur alla partenza.
Tutto sommato siamo tranquilli, così come ieri sera con Stefano e prima ancora
con gli altri italiani le risate e le battute allietano la mattinata. Ancora un
caffè e ci siamo
Entriamo nella lunga strada che minuto dopo minuto si popolera’
di trailer pronti ad affrontare questa avventura. Non ho molto spazio per
guardarmi intorno, sono emozionatissimo. Con Davide ci guardiamo e ci scambiamo
quelle occhiate che ci fanno sentire presenti. E’ una strana sensazione, e’ un
misto di paura per quello che ci aspettera’ e la reale emozione dell’essere
presenti all’evento preparato durante tutto questo tempo. Sdrammatizziamo
chiacchierando con le persone che iniziano a popolare l’area della partenza. Da
li a poco iniziamo ad essere stretti ed incolonnati, quasi a non poter piu’
scegliere di poter abbandonare l’avventura. Ricomincia a piovere adesso
pesantemente, inni nazionali e via. Si parte.
Si va incolonnati su asfalto fino a Planpinceux, di lì
inizia la salita vera. Ancora tappi ed incolonnamenti, gente che taglia su per
la riva poi con la salita si sgrana il gruppo e prima del Bertone si riesce
anche a corricchiare E' mezzogiorno, ma niente pasta: dopo aver bevuto con
regolarità la mia acqua e glucosio dal camelback, cerco di mantenere il mio
piano “un gel a ristoro” quindi gel, acqua e via subito. So che la salita qui
si fa dura, proprio quello che piace a me, e difatti salgo tranquillo ma
deciso, recuperando posizioni. Sulla lunga cresta, senza forzare, cerco di
corrichiare, le sensazioni sono buone. Continua a piovere e a 2500 il freddo
inizia a farsi sentire, mi copro, ma prima di Tete de la Tronche arriva
addirittura un timido sole che mi accompagna anche nella prima parte di discesa
tosta, dal colletto spiana un po' bisognerebbe provare a correre, ma il
ginocchio terrà? Provo a lasciarmi andare controllando bene gli appoggi, e
tutto sommato non va male. Passiamo in mezzo alle mucche e dopo un po' incrocio
il simpatico Mirko, proprio sotto al Bonatti. Gel, acqua, Coca Cola e decido di
ripartire subito, non voglio raffreddare il ginocchio, c'è casino e riempirò il
Camel ad Arnuva che dista solo 7/8 chilometri. Nel traverso corro tranquillo e
poi mi getto nella discesa, arrivati nei pressi del ristoro si sentono grida e
campanacci, c'è un mucchio di gente che fa il tifo per tutti, che bello!
Arrivo ad Arnuva dopo il traverso corribile sotto un timido solo
che pian pianino si e’ fatto anche riscaldante. non ho molti di che pensare.
Francamente dal tete della tronche speravo di venire un po’ piu’ sciolto e meno
preoccupato per le future salite, ma alla fine nell’ultima discesa ho tirato un
po’ le prime somme del primo terzo della gara. Davanti ho la prima vera salita.
Cerco di afferrare un paio di barrette e un po’ di the caldo, non ho e non
voglio fermarmi troppo.
Nella tenda passaggio c’e’ un po’ di confusione che pero’ non
faccio mia, perche’ sono troppo impaurito per la salita che mi aspetta.
Aggiusto lo zaino e saluto e ringrazio tutti. Inizio a salire. Poco dopo il
ponticello di legno sul fiume, proprio all’attacco della salita due persone
tornano indietro. Gli chiedo cosa stanno facendo, mi rispondono che hanno male
e che non se la sentono di proseguire. Guardo verso l’altro, anche io, ma testa
bassa vado in su. Pian piano, passo dopo passo.
Si riparte e so che adesso viene la mia salita preferita,
quella al Col Ferret. Inizio a macinare, il ritmo c'è, le gambe stanno bene, ci
godiamo anche uno sprazzo di sole. Scollino con due fratelli già conosciuti al
Soglio e di qui inizia la parte che più mi spaventa: 18 km di discesa da
correre, per il mio ginocchio è il momento topico. So che se arrivo a Champex
camminando ce la posso fare a tenere fino in fondo, se invece il dolore diventa
forte, sarà dura trascinarsi alla fine. Quindi grande ma continuo a correre
piano. Sul ripido paradossalmente va meglio, vedo che con il mestiere non perdo
molto terreno. La Peule, gel e acqua, tanto asfalto. La testa lavora per levare
stress dal sentiero che ora è monotono, e finalmente ci siamo, il ginocchio
inizia a scricchiolare ma c'è un po' di salitina e piano che mi fanno
respirare, e poi si entra nel ristoro.
Scollino il col Ferret con un vento pazzesco, vedo pian pianino
la tenda gialla di the north face avvicinarsi come la vedo sfumare via ho le
gambe bollite e non sono manco a meta’, ma soprattutto mi aspetta una
interminabile discesa che faro tutta da solo. Fino ad adesso ho visto gente
arenarsi, ritirarsi piaggiarsi come balene esauste. Non ho ancora questi
sentori ma mentre sto venendo in giu’ scollinando in svizzera, ma soprattutto
su un interminabile asfalto e l’interminabiele notte davanti avrei voglia anche
io di dire basta. Piove, a le peule forse cambia qualcosa. nel tendone c’e’ un
sacco di gente che abbandona e gente che si cambia. Ho un bivio davanti a ame.
Chissa’ dove sara’ davide. Quanto davanti a me e dove. Non posso molla adesso,
ma poi perche’ mollare. Mi cambio e metto una maglia asciutta, ne ho bisogno.
Parto insieme ad un inglese che 100 mt dopo mi lascia dinuovo da solo. La
solitudine del trailer.
Sentier des Champignons, bellissimo single-track nel
bosco, mi metto dietro a due tizi che stanno spingendo ad un buon ritmo, la
salita è dura ma mi sento davvero ok e passo dopo passo, tra le sculture di
legno, ecco che sbuca Champex. 55 km e parecchio dislivello sono andati, sono
le sette, quindi 9 ore: ottimo. mi cambio. Via intimo e maglietta bagnati e
metto intimo e maglietta asciutti. Metto la frontale sopra a tutto e sono pronto
a ripartire. So che qui in tanti si fermano un po' di più in vista della notte,
ma ho voglia di uscire e riprendere, 20 minuti mi sono già sembrati un
eternità!
Sentiero pietroso con dei bei risalti, non ricordo bene
l'altimetria ma mi sembra questa sia la salita di Bovine, di cui tutti dicono
peste e corna. Mi accodo ad un francese che sale come uno stambecco, ma dopo un
quarto d'ora devo tirare fuori la frontale o rischio di inciamparmi. Mini pausa
e ripartenza, c'è da fare qualche guado avventuroso ed il sentiero ha delle
colate che lo rendono bello tosto, ma le gambe vanno, il fiato tiene e così
spingo.
La pioggia aumenta, il vento anche, è tutto buio e nel
lungo traverso in cima il sentiero è davvero un ruscello, cerchiamo di correre
un po' sopra un po' sotto, si scivola e così procediamo a passo molto spedito:
le condizioni sono davvero dure, ma sto bene, non ho problemi e finalmente
sbuca anche la tenda del ristoro ore 21:19. Gel, pasta in brodo e vorrei
cambiarmi le calze, sento i piedi che iniziano a dare problemi, le solette
delle scarpe si sono rattrappite sotto i piedi e mi danno fastidio, ma la tenda
è piena di gente che cerca di scaldarsi e che non sta troppo bene: “C'est
combien pour le prochain ravito?” “8 km, a la fin de la descente”. Dai, faccio
tutto lì, intanto mi metto il Buff al collo.
Champex: piu’ di meta’ gara ci arrivo un po’ prima del cancello.
Bene. Un caos terribile. Un sacco di gente molla. Esco subito per non farmi
prendere dall’angoscia. Me ne verra’ un’altra la bovine. Piove, piove di
brutto, ci uniamo insieme a 3 francesi e una giapponese. Nessuno parla. I fasci
di luce della nostra frontale illuminano poco piu’ in la. Il sentiero e’ ripido
e pietroso. L’acua scende come un fiume e ad ogni gradino ci sono pozze dove
affondo con i piedi. Fa freddo, mi fermo ogni tanto a tirare respiro. In cresta
sono solo, il vento e’ pungente e penso che all’acqua ci sia un bel misto di
neve. E’ strano affrontare tutto da soli. Vorrei parlare con qualcuno,
raccontare le mie sensazioni, ma non ne ho la possibilita’. Tutto da solo,
arriva anche la nebbia. E’ tardissimo in cima alla Bovine c’e’ una voce che
circola fermeranno la gara sicuramente. Dentro la tenda ci sono 5 persone che
si ritireranno. Procedo in discesa nel fango e devo stare attento a non farmi
male in queste condizioni. Chissa’ dove e’ davide.
Arrivo a trient e nelle due tende allestite c’e’ un sacco di
gente. Sono tutti fermi seduti a mangiare. Mi dicono che la gara e’ sospesa.
Finita, storia conclusa. Mi guardo allo specchio che non c’e’. non sarei andato
avanti in queste condizioni.
due volontari mi dicono che mancano solo due chilometri,
Chamonix si avvicina e finalmente la sensazione di avercela fatta davvero si fa
strada tra i vestiti fradici. Asfalto, la pioggia aumenta ancora, e sbuco sul
lungo fiume, raggiungo un ragazzo, lo guardo in faccia, ride come un matto, ce
l'abbiamo fatta! Alle cinque del mattino, sotto il diluvio, ci sono degli
irriducibili che continuano ad applaudire ed incitare tutti. Ma ho ancora
qualche energia, corro deciso e all'angolo ecco Maria Carla, Janpo e Matteo,
sono felicissimo.
19 ore sotto la pioggia, freddo, nebbia, fango, 100 km, un
viaggio vero e proprio. Ed è passato così, in tranquillità, inseguendo i miei
pensieri. E sto bene, le gambe sono a posto, il ginocchio fa un po'male, ma sto
bene.
La doccia è un toccasana, poi aspettiamo Mauro, fermato a
Trient: credevo di trovarlo incazzato, invece è il solito belinone, si ride e
si scherza, sarà per il prossimo anno, ed andiamo a mangiare. Ore 6 polenta,
pollo, lenticchie, birra e mela. Poi andiamo tutti a fare colazione. Finalmente
vestiti caldi, finalmente due parole con calma.
Forse il momento più bello arriva lunedì, tre giorni dopo
l'arrivo. Entro in ufficio e c'è anche mio papà: mi vede entrare e senza dire
niente mi viene incontro e mi abbraccia, un vecchio ultramaratoneta ad un
novello ultratrailer. Gli altri ci guardano perplessi, rido con un nodo in
gola: con un po'di orgoglio, penso che solo chi si è spinto “oltre” può
capirci. Chamonix, non è finita qui
Sono le 22.30 e siamo seduti davanti a
una pinta di brewdogs. Tiro fuori una torta di ricotta e zucchero di canna per
festeggiare la grande impresa del bianco di questo anno. sulla torta ho scritto
Finisher non ne avevo dubbi. Parliamo, discutiamo cerchiamo di dare un senso
alle fatiche e ai nostri sogni
E’ Come se correre su un sentiero rendesse tutto più nobile, più
alto. Quando forse l'unico atto importante, liberatorio, rivoluzionario è solo
quel momento in cui nessuno dei due piedi è legato al terreno.
Non penso si debba aggiungere altro. In definitiva, un gesto
altamente sovversivo.
Da qui nasce tutto, o forse continua a crescere, 73° all’ UTMB
2011 e 5° fra gli italiani e unico italiano che sara’ presente alla western
state 2012. Se gli chiedo perche’ si ostina a non far parte di una societa’ lui
continua a dirmi perche’ vuole
Essere libero
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