dopo questa lunga discesa le
gambe mi fanno male. 2008 e' ottobre e le il manto di foglie ricopre gran parte
del sentiero. affiorano solo le pietre piu' grosse quelle piu evidenti. ogni
passo su quelle pietre e' una tortura, pian piano affronto le ultime salite. mi
fermo ed appoggio lo zaino su una pietra, sollevo lo sguardo al cielo. perdere
e' una questione di metodo. riguardo verso il basso osservando il mio pettorale
he riporta il numero uno, si il numero 1. mi riguardo dentro, la sfortuna di
questi ultimi mesi e' ancora troppo vicina per poterla dimenticare. tiro fuori
un gel e mi siedo un secondo osservando il verde di questo sotto bosco.
riprendere a camminare adesso e' troppo faticoso. al terzo giorno di ospedale
sdraiato supino sul mio letto si era avvicinato quel tipo coi baffi e mi aveva
detto non credere quello che tidicono gli effetti della spinale li sentirai
per molto tempo non ci avevo creduto ma nei giorni successivi appena mi
alzavo dovevo subito sdraiarmi. a posteriori lo avrei dovuto ascolare di piu.
prendo quel gel e lo butto giù con un sorso d'acqua. ultimo col pettorale
numero uno. che paradosso. mi rialzo e allaccio bene le scarpe, cerco di
ritrovare un buon assetto per affrontare questi ultimi importanti chilometri.
riprendo a salire. il fiato si fa sempre piu' cupo, sento che questo peso mi
sta pian piano schiacciando, ma non e' ancora il momento di mollare. le parole
invece di fluido mi accompagneranno per gli ultimi chilometri. chiacchieriamo.
gli racconto la mia storia. 2008 e' luglio, fa molto caldo a Genova, usciamo
per una festa e la piccola Biba e' proprio piccola, ha solo 6 mesi. al ritorno
sono stanco, ed un po' infreddolito, insolito per queste temperature ma forse
e' complice l'aria condizionata della sala cerimonie. il giorno dopo mi sveglio
con le mani ed i piedi senza sensibilita' l’occhio calante e mezza lingua insensibile,
non capisco cosa mi stia succedendo. non passa troppo tempo che dobbiamo
correre all’ospedale, ricovero d'urgenza. passo davanti a tutti e mi ritrovo
sdraiato in un letto di ospedale. uno come tanti altri, tetro, grigio solo.
Raffa mi guarda con i suoi occhioni che si fanno sempre piu’ lucidi, mi
accarezza la fronte, le leggo in faccia la sua preoccupazione, mi accarezza di
nuovo e mi dice di non preoccuparmi e che domani appena portata Biba dalla
nonna mi raggiunge subito in corsia. la saluto, mi saluta. vedo buio. guardo il
soffitto e sento che la mia vita mi sta scivolando via senza sapere il perche'.
io che sono forte come un elefante. io che corro lunghe distanze in montagna.
io neo papa invincibile mi sento scappare tutto dalle mani. entra il dottore
che mi dice che domani mattina avrei fatto un prelievo di midollo. vedo buio,
fisso il soffitto e scendono le lacrime. ho quasi due settimane per capire, ma
una risposta non si riesce trovare. pian pianino miglioro e riesco anche ad
incontrar la mia piccina. nel picco acuto non ero riuscito neanche a
sollevarla. adesso invece la posso abbracciare, lei che non capisce. lei che
non può e non deve capire cosa sta succedendo a suo papa. vengo liquidato e
bollato con alle spalle una sindrome rara incurabile con l'appellativo di
presunta quasi a giustificare l'incertezza dell’evento. io invincibile caduto
in un pozzo di normalita'. difficile guardarsi allo specchio quando sei tu che
sei andato vicino a mettere un piede al di la'della linera di arrivo. L’arrivo
definitivo. e' una strana sensazione quella di raccontare che hai visto il tuo
traguardo, solitamente quando lo senti raccontare da altri aleggia sempre la
frase speriamo che non tocchi a me, bhe stavolta invece lo e' stato.
non riesco a dare una spiegazione
ma non riesco ad accettarlo. sento sempre di piu' il bisogno di riprendere in
mano la mia vita, con i miei mezzi, con le mie passioni e le mie gioie. Con i
mie amori. riesco ormai a stare in piedi senza dolori alla testa o
sbilanciamenti vari.
dopo una settima dal mio
rientro a casa chiedo a Raffa se posso andare a correre cercando forse di
esorcizzare quello che e' stato e lei che mi guarda con i suoi occhi e mi
capisce, mi lascia andare, ma stai attento per favore. guardo biba che
mi sorride e mi fa capire che anche lei c'e'e ed e il momento di ricominciare.
riprendere a fare una cosa che i rende vivo mi fa riaprire gli occhi. mi fa
rivedere un mare di colore che prima era solo scuro. percorro pochi chilometri
faticando come non mai. ma torno a casa con quel sorriso che mi fa capire che
posso tenere lontano il dolore. Abbriaccio le ragazze. indossare il pettorale
numero uno al trail del monte casto, il trail di un amico e' veramente un passo
molto importante. e' ritornare a vivere.
con fluido percorriamo gli
ultimi chilometri molto lenti ma assaporando passo dopo passo ogni piccolo
momento. mi tira fino agli ultimi metri e poi mi dice vai e concludi.
2013 sono passati diversi
anni. cinque per l'esattezza. avrei potuto scegliere un altro trail per
riprendere dopo un po' di buio, ma il casto per me ha il sapore importante
della vita e quest'anno ero presente anche io. rivedere molte facce amiche e'
come mettere tasselli mancanti a un qualcosa che non si pio spigare ma che mi
mancava. con franz ci rincontriamo sempre qua, non sara' un caso. come allora
non ho molti chilometri sulle gambe ma l'emozione di esserci ancora e' il vero
carburante della giornata. parto in conservazione sulla salita ch mi portera'
alla vetta dl casto. la salita non e' ripida ma e' costante e non mola' la
seconda parte proprio sotto la vetta nel sottobosco piena di sapori e di odori
e' come riassaporare il gusto di casa. raggiunto il Casto scendere in discesa
e' un attimo. mi fermo al ristoro per sorseggiare un bicchiere di Sali e qui
anni fa incontrai un volontario con la maglia della sampdoria. che ridere,
sulle alture biellesi. riprendo su un bel sentiero che mi portera' alla salita
del bocchetto sessera. il paesaggio e' molto strano tutto e' avvolto da nuvole
basse ma al mio passaggio il tutto si apre come a riaprire un passaggio.
intorno a me montagne pronte ad accompagnare la mia fatica. al bocchetto mi
attende un bel the caldo, ne avevo bisogno. via di discesone nel bosco
calpestando come un bambino una distesa di foglie secche. il traverso che
costeggia il fiume e'come un mare di ricordi che riaffiorano. ho tutto il tempo
di riviverli e respiraci sopra. la salita di rientro al bocchetto si fa sentire
come le posizioni che perdo lasciandomi in coda. la seconda toccata al bocchetto
mi vede fuori di pochi minuti. fuori cancello. Fuori temo massimo previsto.
faccio spallucce ci sta, sono qua di nuovo come tanto tempo fa per vivere non
per altri motivi. infilo il giacchino e chiacchiero con gli altri fermati e
poco dopo arrivano le scope. fluido come allora mi guarda, mauro ci sei come
va, finche' ci sono va tutto bene gli rispondo. un sorriso sincero chiarisce
tutto. rientro a bermi una birra {forse anche tre o quattro}
perdere e' una questione di
metodo ma riprender la vita in mano e' sstata una vera emozione.
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